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Il Lain e il prevosto

Da una conversazione con Luigina Biggio di Cardenosa

di Sandro Sbarbaro

Raccontava Luigina Biggio che suo nonno Biggio Stefano, detto Lain o Stevanin, classe 1847, aveva ingaggiato una particolare sfida col prevosto della parrocchia di San Giovanni Battista di Priosa d'Aveto.
Stevanin sapeva il fatto suo: in gioventù era emigrato stagionalmente con la famiglia in Toscana, quindi era stato a Genova.
Rispetto alla media dei valligiani poteva certamente essere considerato uno che aveva girato il mondo.
Al contrario di altri parrocchiani, che per rispetto o ignoranza venivano tenuti in soggezione dal prevosto, Stevanin era solito rispondere a tono quando riteneva di aver subito un torto.

Durante una benedizione delle case a Cardenosa, il prevosto, che evidentemente aveva il dente avvelenato con i paesani poco inclini a fare offerte, disse ad un chierichetto che aveva iniziato un canto salmoidiale: "Si canta quando si è fra i cristiani!"
Infatti i paesani di Cardenosa erano scherzosamente detti "gh'asci" (gli asini) dagli altri abitanti della parrocchia (nel XIX secolo ogni paese, e ogni famiglia, aveva il proprio appellativo).
Il buon Stevanin, sdegnato, si rivolse al prete con queste parole: "Sciù prevostu! Saccu de carbun! L'ase ciù grossu sei vuì!" ovvero "Signor prevosto! Sacco di carbone! L'asino più grosso siete voi!"
E quindi rivolto ai chierichetti che scendevano col prevosto lungo il risso detto de mùre (il ciottolato delle mule), aggiunse in segno di scherno: "Stè attenti a nu scapussà e ne regurà e furmagette!" ossia "State attenti a non inciampare e a far rotolare le formaggette!"

A quei tempi, infatti, le formaggette erano il segno tangibile della riconoscenza dei paesani nei confronti del prete che impartiva la benedizione alle case.
Luigina Biggio ricordava che anche a Sant'Antonio da Padova, patrono degli animali, si omaggiava il prete con una formaggia.
Un altro formaggio si dava in un'altra occasione che a lei sfuggiva di mente. In più si davano annualmente le decime.

L'anno seguente il prevosto tornò a benedire la case in quel di Cardenosa.
Stevanin, la cui casa non era stata benedetta nella precedente occasione, con fare sornione lo apostrofò: "Sciù prevostu...cumme faremmu a scaccià i diai quest'annu... che ghe sun ancà quelli dell'annu passau?" ossia "Signor prevosto... come faremo a scacciare i diavoli quest'anno... visto che ci sono ancora quelli dell'anno passato?"
E il prevosto rispose: "Ne ve preoccupè Stevanin che gha faremmu!" ossia "Non vi preoccupate Stefanin, ce la faremo!"
Dopo la benedizione della casa il buon Stevanin pretese dal prevosto anche la benedizione delle stalle: "Sun e vacche che fan u laite... e se vuèi e furmaggin-e duvei benedì anche e bestre!" (Sono le vacche che fanno il latte... e se volete le formaggine dovete benedire anche le bestie!).

Occorre ricordare che, secondo la mentalità contadina del tempo, le mucche erano il bene più prezioso della casa.
Vero è che i sure porta (gli architravi) incisi con la croce e la simbologia IHS qual protezione dai demoni, nei villaggi avetani si trovano al piano terreno sulle porte delle stalle.
La morte di una mucca era considerata una vera sciagura, una disgrazia forse peggiore (...anche se oggigiorno si fa molta fatica a crederlo) della eventuale perdita di un figlio neonato, evento per nulla improbabile vista l'alta mortalità infantile di quei tempi.

 


 

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Pagina pubblicata il 22 settembre 2005, letta 5819 volte dal 23 gennaio 2006
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