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Le ragazze di Ota-lì e il lupo

di Sandro Sbarbaro

In qualche parte del mondo, era un paese chiamato Ota-Lì.
In quel luogo i fiumi eran fanciulli, che si aggiravano saltellano tra le rocce del greto, ed i monti panciuti signori la cui barba, formata dalle faggete, si scomponeva all'alitare del vento che spirava da Nord.
Nei pascoli si aggiravano pigre ed insoddisfatte mucche dai nomi gentili.
Stellina, Bimba, Fiorina, Mora erano i nomi più usati, tal era l'amore dei contadini nei loro confronti, che le amavano, forse, più delle mogli e dei figli.
Qua e là il verde dei pascoli era traforato dalle tane delle talpe, che, come ingegneri ciechi, provavano e riprovavano, scavando terra, la costruzione della città labirinto.
I leprotti zigzagavano felici su e giù per i pendii e solo la vista del contadino e del fido cane li vedeva fuggire come impazziti, orologi cui sono saltate le molle.
Si fermavano, poi, chissà dove, acquattati in qualche fosso, con nella testa il rullare di tamburo che faceva il loro cuore.
I cavalli ed i muli che nei pascoli, delimitati da muretti a secco, brucavano svogliatamente, avevano scarti improvvisi, come chi sia assalito da un cattivo pensiero, oppure si gettavano a terra per una strana danza sul dorso.
Le bisce si aggiravano tra le ginestre, con aria da finte ingenue, in cerca di uccellini da incantare.
Le vipere sbuffavano ostili, tra le pietre, al passaggio del viandante che aveva loro rotto il sonno.
Le trote, del torrente, facevano gare di tuffi in cielo alla ricerca di insetti plananti sull'acqua a mo' d'aliante.
Sugli alberi, disposti in prospettive a casaccio come su quadri astratti, gli uccellini facevano dei versi, facendo capolino tra i rami, oppure frullavano l'aria alla ricerca del nascondiglio.
In quest'atmosfera di bucolica decadenza, vivevano due fanciulle dai capelli biondi, come le spighe del grano, ed i denti bianchi come chicchi di riso.
Vivevano al limitare del villaggio in una gran casa bianca, chiamata "La casa sul prato".
Sul prato trascorrevano buona parte della giornata, affaccendate a sferruzzare nella fabbricazione di maglioni dalle fogge inconsuete. Loro maestre erano state le fate del "bosco del lupo".
Detto bosco era così nominato perché vi si aggirava un vecchio lupo, ormai quasi senza più denti, ma ancor terror dei contadini. Spesso, si è giudicati per ciò che si è stati dimenticando l'attualità.
Le due fanciulle, recatesi un dì a raccogliere more, senza accorgersene si erano addentrate nel bosco proibito, distratte dal racconto di storielle ilari che gustavano con aria di gran complicità.
All'improvviso apparve il lupo, mentre si accingevano a cogliere grosse more intonse.
Era un bell'animale dall'aspetto fiero, nonostante l'età, dal pelo tendente al grigio-nero, con due occhi giallo-verdi assassini.
Le fanciulle proruppero in una risatina nervosa, dettata dalla paura, e il lupo, che le fissava incerto, all'improvviso si mise a guaire e si accovacciò a terra come un cane bastonato.
Rinfrancatesi un poco, le ragazze, si avvicinarono timorose all'animale, poi visto che pareva implorare aiuto, attraverso i languidi occhioni, presero ad accarezzarlo sulla testa come si fa con un cagnone, che ha fatto una marachella.
Il lupo raccontò loro la sua storia. Un tempo, era il figlio del tesoriere del re. Quest'ultimo invaghitosi di una maga, all'insaputa del sovrano, stava dilapidando il tesoro di corte.
Il figlio affrontò la maga, per allontanarla dal padre che per lei stava infangando la memoria della sua mamma e l'onore diventando un ladro.
L'astuta maga promise che si sarebbe ritirata in buon ordine e a conclusione del patto lo invitò a bere, in segno di pace.
La bevanda era un filtro magico e il poveretto si tramutò in lupo.
Terrorizzato, fuggì lontano dal territorio del re, finché giunse, dopo aver valicato catene di monti, nel paese d'Ota-lì, ove si rifugiò nel bosco che poi prese il suo nome.
Da quell'incontro, in poi, le ragazze si recarono spesso nel "bosco del lupo", con la scusa di cogliere more, oltrepassavano i limiti di sicurezza ed entravano nel bosco proibito.
Il lupo, raccontava loro, le sue esperienze alla corte del re.
I segreti della vita di una città, le feste al palazzo del re, le sete e i broccati che indossavano le principesse al gran ballo, i gioielli, le acconciature, quali fossero i principi: se alti, biondi o mori, e gli occhi, le mani e onde vivessero.
Infine, pur non essendovi mai state, conoscevano a memoria la città, di là dai monti in riva al mare, dove aveva vissuto un giorno il vecchio lupo.
Un giorno all'improvviso il lupo morì. Le fanciulle, affrante, stavano dando a Lui degna sepoltura, quando, su un ramo, apparve la "Fata Curiosa", una fatina buffa, con un cappello verde a sghimbescio sulla testa biondo cenere.
Le invitò a non seppellirlo, perché altrimenti sarebbe "morto per sempre".
Il rimedio consisteva in un maglione dalla foggia desueta da fargli indossare ad un anno dalla scomparsa.
Consigliò le fanciulle di avvolgerlo, in una coperta di lana e sistemarlo nella cavità di un grosso tronco di faggio, dove l'avrebbero poi recuperato, per sfatare l'incantesimo.
"Fata Curiosa" presentò alle fanciulle la "Fata Solitaria", che aveva un faccino pallido su cui stavano accampati alcuni brufoli.
Quest'ultima consigliò alle fanciulle di intessere diversi "maglioni magici", con la lana che le pecore avrebbero lasciato appiccicata ai rovi del bosco.
Doveva esser colta al plenilunio, altrimenti senza il "bagno magico" della Luna, la lana non avrebbe avuto alcun potere.
Pur fra molte apprensioni, si giunse a compiere l'anno.
Le fanciulle tornarono nel bosco con i "maglioni magici" che avevano confezionato.
N'avevano già provati molti, ma la carcassa del lupo rimaneva tale.
Infine, indossato un maglione bianco latte, l'animale ebbe un sussulto e si trasformò in un bel giovane dai lineamenti fini, con una leggera balba incolta sul viso abbronzato.
Il giovane per ricompensa, condusse con sé le ragazze nella città di là dai monti lungo il mare.
Introdotte dal giovane a corte, non ebbero difficoltà a stringere amicizia con le principesse della corte, ben presto i maglioni da loro ideati andarono a ruba.
Ogni estate, però, stanche del gran ritmo che serpeggia per la città, ritornavano al paese d'Ota-lì, e tornavano improvvisamente felici.

(1989/2004)



Pagina pubblicata il 1° settembre 2004, letta 6448 volte dal 23 gennaio 2006