Valdaveto.net > Il territorio della Val d'Aveto e delle valli limitrofe > Raccolta di articoli relativi a località della Val d'Aveto > Alpicella e Amborzasco
di Cristoforo Campomenosi
articolo già pubblicato, nell'estate 2000, su La Trebbia e su La Voce dell'Aveto
cartina tratta da Nel Parco, notiziario ufficiale del Parco Naturale Regionale dell'Aveto
fotografie di Anselmo Orsi e Giacomo Aldo Turco
Nella sua parte ligure il versante destro della Valle dell'Aveto si apre in profonde ramificazioni
secondarie, le più ampie delle quali, la Val Gramizza e quella del Rio Molini, costituiscono a grandi
linee il territorio del Comune di S.Stefano d'Aveto.
Distese l'una di fianco all'altra come le valve aperte di una conchiglia, dagli alti crinali culminanti
nelle vette del Maggiorasca e del Penna degradano progressivamente verso ovest, restringendo i loro
confini man mano che i due torrenti si apprestano a gettare nell'Aveto le loro acque.
La Val Gramizza, che nel versante rivolto a sud è caratterizzata da grandi pascoli e da rada boscaglia,
dalla parte opposta è occupata quasi completamente dalla foresta: in alto le ampie faggete del Penna e
dell'Aiona, più in basso gli antichi castagni di Casoni e di Montegrosso.
Nella parte mediana di questa valle, da una parte ai limiti dei pascoli e dall'altra a quelli del bosco,
circondate da campi coltivati, si adagiano, su due pianori opposti, i paesi di Alpicella e di Amborzasco.
Divisi tra loro dal solco del Gramizza e distanti in linea d'aria poco più di un tiro di schioppo, si
guardano l'un l'altro come due sentinelle poste a guardia della zona.
L'esposizione al sole, le linde casette dai colori chiari, i tetti in tegole rosse, conferiscono al paese
di Alpicella un aspetto ridente e luminoso.
Dall'altra parte Amborzasco, meno esposto alla luce solare, è caratterizzato da case antiche, unite fra loro
da portici ed archi, con muri in pietra a vista di colore scuro, tetti in ardesia o "ciappe" locali. Tutto
ciò dona al villaggio un aspetto austero e misterioso, che sa di antiche tradizioni, di favole e di gnomi.
Ma la differenza principale sta negli abitanti: quelli di Alpicella hanno un carattere mite, tranquillo,
ordinato, che si riflette nella pulizia, nella precisione, nella quiete. Sono talmente calmi e rilassati,
che la sera, prima di coricarsi, si bevono in santa pace alcune tazze di caffè.
Quelli d'Amborzasco sono tutto l'opposto: vivaci, contestatori, casinisti, polemici. Alla sera, sicuramente,
per calmarsi avranno bisogno di una buona camomilla.
Per distinguerli basta sentirli parlare: non è solo un fatto di accento, ma soprattutto una questione di
"decibel".
Quando incontri Dario di Alpicella, solo dal movimento delle labbra riesci ad indovinare che
vuole offrirti un caffè, poiché dalla bocca esce un suono impercettibile che ti fa sospettare di essere
diventato sordo. Allora pensi sia giunto il momento di recarti dal dottor Pozzuolo per una controllatina
alle orecchie; e proprio mentre ti avvicini allo studio del medico, senti provenire dalla Macelleria
Monteverde un baccano da grande assembramento. Ti avvicini, entri, e trovi soltanto Roberto di Amborzasco
che sta rivolgendo ad Italo le sue esternazioni politiche: le percepisci così chiare, aperte e roboanti
che ti rendi conto di non aver alcun problema di udito.
Anche i soprannomi, in un certo modo, esprimono una differenza di carattere: al Alpicella sono (o meglio,
erano, perché molti sono ormai defunti) per lo più dei diminutivi tipo "u Batin, u Broscin...", o nomi
di animali selvaggi come "u Lù, u Cuccù...", mentre ad Amborzasco la maggior parte finiscono in -a e ti
colpiscono come una sberla: "u Micca, u Tina, u Zena, u Basciacca...".
Entrambi i paesi hanno una storia e una cultura molto antica, ma abbastanza diversa. In linea di massima si
avverte che ad Alpicella prevale la dimensione agreste, pastorale, bucolica, mentre ad Amborzasco si
percepisce una civiltà più silvestre, legata al bosco, alle foreste e alla montagna.
Pare che la resistenza degli ultimi Liguri alla conquista romana sia avvenuta in Val Gramizza alle
pendici del Monte Penna.
Cerchiamo d'immaginare la scena di una giornata di primavera nel secondo secolo
avanti Cristo.
In alto, sullo spartiacque appenninico tra il Monte Nero e l'Aiona appaiono minacciose le
sagome dei cimieri dell'esercito romano ormai prossimo a superare il crinale. Più in basso, verso il Re
di Coppe, nascosti tra i faggi, con i capelli irsuti e la barba incolta, si intravvedono i "barbari" di
Amborzasco che stanno tendendo un'imboscata all'esercito invasore. Nel paese le donne approntano bastoni,
roncole, forconi e viveri per i loro combattenti, i bambini preparano sassi e fionde, mentre i vecchi,
indomiti e fieri, incitano tutti alla resistenza.
Ma dall'altra parte della valle, in quel di Alpicella, la vita scorre tranquilla come se niente fosse:
la donna sta preparando con cura il formaggio, il marito pungola due mucche aggiogate davanti alla benna
del letame, mentre il bambino, al pascolo, seduto all'ombra di un cerro, sta maneggiando il suo coltello
per costruirsi uno zufolo con la corteccia di un salice.
Il carattere intrepido e forte della gente di Amborzasco si esprime talvolta anche in violente contestazioni
dell'autorità e della forza pubblica. Sicuramente se, sull'esempio di Robin Hood, ci fosse da organizzare
una bella rivolta o addirittura una secessione dai "cagnetti" di S. Stefano (dove finiscono tutti i soldi
pubblici e in cui si vuole monopolizzare anche il turismo), Amborzasco sarebbe in prima fila. Quelli di
Alpicella invece getterebbero acqua sul fuoco: "ma lasciè sta... lasciè quetà...".
Le due località, poste in un limpido ambiente di montagna tra gli 800 e i 900 metri di altitudine, hanno tutte le caratteristiche per essere apprezzati luoghi di turismo e di villeggiatura. Ma, stranamente, mentre ad Amborzasco gli abitanti cercano sfruttare in ogni modo l'afflusso dei villeggianti, alla gente di Alpicella il fenomeno turismo non fa né caldo né freddo: per loro bastano i campi, i pascoli e il bestiame.
Quei tre o quattro forestieri che abitualmente vi soggiornano vi si sono senz'altro intrufolati con qualche stratagemma o raccomandazione.
Ovviamente la descrizione dei paesi e degli abitanti appena fatta è solo un'impressione complessiva di chi
scrive e non vuole porsi assolutamente come regola generale.
Anzi, ripensandoci bene, chi ha steso
faticosamente questa pagina è assalito da molti dubbi, perché ha due amici che sono esattamente l'opposto
di quanto sopra descritto: il Tina di Amborzasco è il vero prototipo della tranquillità e della calma,
mentre ad Alpicella lo Squeri è un vulcano in continua ebollizione.
Forse l'articolo è tutto da rifare.
O forse quei due sono solo l'eccezione che conferma la regola.
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Pagina pubblicata il 9 dicembre 2006
(ultima modifica: 27.06.2014), letta 14364 volte
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