Leggende

di Sandro Sbarbaro

L'urlatrice

La tradizione popolare alto avetana, ancora nei primi anni del XX secolo, è satura di leggende che paiono tratte dal mondo celtico.
I vecchi raccontavano di un animale "mitico" che rappresentava il legame con il mondo dei morti: la Sbraggiura (l'urlatrice).
Questo essere imperversava scoperchiando tetti, compiendo ogni sorta di cattiveria ed emettendo lugubri versi che raggelavano il sangue: l'unica maniera per tacitarla era il porsi in preghiera a recitare il rosario.
Vero è che il mondo contadino era popolato da ancestrali paure: i racconti, così come le leggende, erano improntati ad educare mediante sistemi ereditati dal mondo medievale e le soste nelle osterie, poi, creavano "strani fantasmi".

 

Il ratto della Madonna della Neve

Si racconta che la statua della Madonna della Neve, che si trova nella chiesa di San Giò Batta della Priosa, in realtà sia la statua della Madonna delle Grazie, destinata alla chiesa di Santa Giustina di Canale.

 Priosa d'Aveto

Gli Avetani, giunti per primi presso la bottega dell'artigiano al quale entrambi le statue erano state commissionate, ritenendo più bella nelle forme quella destinata a Canale... la rapirono portandola a Priosa.

 

Le campane del Monastero di Villa Cella

Si narra che le antiche campane appartenute al Monastero benedettino di Villa Cella (ritenute dai valligiani d'argento) un dì, caricate su una slitta, furono oggetto di un tentativo di furto.
Intervenne la Provvidenza e... giunti poco oltre il paese, i ladri dovettero desistere dall'impresa perché la slitta s'impuntò contro una roccia sporgente dalle mascere (muretti a secco) presenti lungo strada che conduce al passo delle Rocche.
Il masso reca ancora impresse tre croci.

 

Il bandito Animalunga

Ancora oggi qualche anziano, in certe sere, si sofferma a raccontar del bandito di Piandifontana soprannominato Animalunga.
La sua impresa più famosa consistette nel dar l'alto là al prete di Rezzoaglio che nel 1830 voleva sistemare la campana grossa del campanile verso i Molini di Rezzoaglio onde egli abitava.
Animalunga gli intimò "A campanna grossa a l'ha sunau sempre verso u poppulu" (La campana grossa ha sempre suonato verso il popolo), a dire che le tradizioni antiche andavano rispettate ed il suono della campana lo dovevano sentire il maggior numero di Ville possibili.
Sapendo che Animalunga non scherzava... l'Arciprete non ci pensò due volte a far sistemare le impalcature per porre fine all'ingiustizia.

 

Il vecchio e il lupo

I vecchi di Ca' degli Alessandri (già Ca' de là de Cordùsu ossia le Case al di là di Codorso) raccontavano che tal Lusciandrìn Repetti (probabilmente Alessandro Repetto fu Simone nato intorno al 1785) ormai vecchio e quasi cieco, un giorno si recò in località la Surìa, cinquanta metri fuori dal paese.
Incontrò il lupo e, data l'avanzata cecità, lo scambiò per una lepre.
Si racconta che pronunciò le parole: "Oh! Che bélla Légore. Oh! Che bélla Légore", inseguendolo tosto.
Per sua fortuna il lupo, forse infastidito da tutte quelle esclamazioni, s'allontanò.

(episodio raccolto a villa Salto, Parrocchia di Priosa, da un abitante del luogo al quale non chiesi il nome per poterlo poi citare; era della famiglia dei Ferretti di Salto)

 

La donna col fucile

I vecchi di Cardenosa, paese della Parrocchia di Priosa d'Aveto, affermavano che a Bruzùn di Pùzzi (forse tal Agostina Biggio, della casata dei Curtellùn di Cardenosa, che abitava la casa solitaria in località Pozzi sita appena sotto lo spartiacque fra Trebbia e Aveto nei pressi del Monte Collere) andava a messa nella chiesa di San Gio Batta di Priosa portandosi lo schioppo sulle spalle.
La donna, infatti, aveva paura di incontrare il lupo durante il lungo e solitario cammino in mezzo ai boschi.

 


 

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Pagina pubblicata il 20 dicembre 2004 (ultima modifica: 16.11.2005), letta 9147 volte dal 23 gennaio 2006
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