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Lettera di due soldati napoleonici in partenza per la campagna di Russia, anno 1813

di Sandro Sbarbaro
fotografie di Sandro Sbarbaro

Dall'Archivio comunale di Santo Stefano d'Aveto traiamo e quindi trascriviamo una lettera dell'anno 1813  link esterno indirizzata ai rispettivi padri dai soldati Brizolari Antonio, figlio di Antonio, e Fontana Giovanni, nativo di Cerisola [1].
I due paesani erano cugini e commilitoni nell'esercito francese di Napoleone.
La lettera sembra scritta da uno scrivano loro commilitone; sullo stesso foglio sono riportate le missive alle rispettive famiglie.
Le truppe napoleoniche in quei giorni si trovavano acquartierate a Lione in attesa di raggiungere, dopo circa un mese di marcia, la città di Maiansa [2]; da qui, dopo un breve riposo, si sarebbero dirette in Rosia (Russia).

Dalle lettere si evince il senso di provvisorietà in cui i due soldati erano calati.
Pur cercando di non turbare i parenti, le richieste di preghiere al Signore indicano chiaramente quale fosse il loro reale stato d'animo.
Non sappiamo se tornarono dall'infausta avventura.

Di seguito viene riportata la trascrizione dell'importante documento risalente all'anno 1813.

 



Al sig. Antonio Brizolari q. altro
di villa Cerisolla sotto
il rondisman di Santo Stefano

Chiavari per Santo Stefano

Cerisolla

Depart. Des Appenen.

Car[issi]mo Padre Lione de Francia 1813: 18 apprille (aprile)
Scr[i]vo queste due rige (righe) per chiaramentti saluttarvi (chiaramenti salutarvi) e darvi nova della mia bona salutte e per farvi sapere che alli 6 del corentte (corrente) o ricce[v]utto la gratta (gradita) vostra lettera la qualle mie statta (mi è stata) di gran consolazione e a porttato multto contentto il mio cuore (e ha portato molta contentezza nel mio cuore) e mi avette (avete) detto che avette rice[v]utto multte dele (molte delle) mie lettere ma non mi avette detto ni quando se le avette rice[v]utte e ni (ne) altro ò inteso che le mie lettere vi anno reso multto conttentto (molto contento) ma che saresti restatto più conttento se ve avesi ditto (avessi detto) come me la passo intorno ai miei malli (mali).

Ma io vi dicho che i miei malli non sono malli che conttano (contano) che in tutto il mio viaggio non o senttuto nientte (sentito niente). Capischo che è destino de Dio e non statte aspetare che i miei malli mi aiuetteno (mi aiutino) in maniera nesuna non cie (c'è) sollo (solo) di pregare il Signore e confidar in Lei che quello che ne à promesso non lo mancherà mai e o inttesso (ho inteso) che voi non siette (siete) in caso a mandarmi un quattrino io vi dicho (dico) che per me non vi statte a deschomodarvi di nientte (non state a scomodarvi per niente) che io so che voi sarette al bisogno più che mai e non vi statte appiliare lagnio nessuno (non state a prendervi preoccupazione alcuna) per me che io non vi poso (posso) più dare aiutto nesuno (aiuto nessuno) è vero che io ne o multto bisognio (molto bisogno) ma non vi statte a piliare descomodarvi (non vi state a scomodare) io vi fo sapere che dimanni o doppo dimani abiamo da parttire per Maiansa (domani o dopo domani dobbiamo partire per Maenz) che lie il camino di un mese (che è il cammino di un mese) poi li ci averemo qualche po di riposo poi de la anderiamo in Rosia (di là andremo in Russia) de la vi manderò unna lettera e vi prego a mandarmi la risposta di questa e me la manderette in forma di quella altra che si bene che sareno parttito (saremo partiti) la mi vera a dietro (la lettera mi seguirà) in quella mi dirette se sono anche venutte le mie sorelle e se stanno Bene e poi se la prima vera (primavera) va bene così mi saluterette tutti li parentti (saluterete tutti i parenti) e amici e tutti quelli che dimandano (domandano) di me.
Mi salutterette mio zio Giuseppe Brizolari vostro frattello con tutti

[pag.2]

specciarmentte (specialmente) la sua mulie (moglie) detta la mia zia e poi la sua filia tutte poi mi salutterette tantto (saluterete tanto) la casana di Giovanni Funttana (Fontana) q.m Domenico e mi fate sapere se maestro Giachemo (Giacomo) è guaritto (guarito) poi salutto tantto le mie zie Anna M[ari]a e Marga e dittelli così che presto aguardeno in nella posta (guardino nella posta) che li voliamo mandarli unna lettera alla mi zia Marga[rita] e la manderemo in sieme io e il mio compagnio e la manderemo al[la] sua sorella e alla mia zia. Altro non vi dicho perché le lettere mi avette ditto che sono care così se ochore (occorre) qualche cosa per caritta (carità) fattemello sapere altro non vi dicho perche podette acappire (perché potete capire) così vi dicho che fatte quello che podette (potete) per li miei frattelli e sorelle mi farette sapere se podette pigliare del[le] Bestie questa statte (quest'estate) e poi se la roba va a calanddo (calando) o si o no, altro non mi ochore sollo di saluttarmi il mio S. (signor) zio R: prette (Reverendo prete) Giuseppe con la mia zia sua sorella e dittelli che quello che a me a ditto (e ditegli che quello che mi ha detto) lo farò per fino che potrò e salutterette tantto le sue nipotte speciarmentti (e saluterete tanto le sue nipoti specialmente) Cattarina e vi prego a pregare Dio per me, alltro no vi dicho sollo (altro non vi dico solo) di fare il simille e con darcci mille bacii a voi e alla mia cara Madre e alli miei cari frattelli e sorelle a dio (addio) sono vostro caro filio Antonio Brizolara

poi Giovanni Funttana (Fontana) apprille

Car[issi]mo Padre. 1813. 18 marzo apprille. Scr[i]vo queste due rige (righe) per darvi nova della mia bona salutte il simille (lo stesso) spero che sara (sarà) di voi ma per tutto a spetto la risposta anche io partto insieme col mio compagno Antonio Brizolara per Maiansa (1) io o riccev[u]tto unna lettera insieme col mio compagnio la qualle mie statta (mi è stata) di gran consolazione e o inteso che mi pregatte (pregate) di mandarvi il cierttificatto (certificato)
ma io vi dicho che fino oggi non ve lo posso mandare perché sapette (sapete) che ci volle de denari e io non ò perché saper[e]tte che quando mi sonno parttitto da casa quantti ne aveva (quando sono partito da casa quanti - pochi soldi - avevo) e per tantto se fossi molestatto a presentate le mie lettere che sono listese ma per tantto non vi statte a sgomentare che più presto che podrò (potrò) ve lo manderò; così vi prego che per la Santta Crocie (Santa Croce) di farmi dire 2 Messe e anche vi prego a pregare il Signore per me che io non poso piu fare bene nesuno e vi prego a saluttarmi tantto mia Madre e dittelli che staga a legra (stia allegra) che io o speranza di venire a casa poi salutto tutte le mie sorelle e li miei frattelli e poi il mio chugnatto (cognato) e poi salutto tantto le mie chugine (cugine) Margaritta e Anna Maria e poi mi salutterette la mia zia e il mio zio Andrea e o inteso che suo filio mio cogino sarà partitto (è partito) ma mi dispiaccie multto (mi dispiace molto) ma dittelli alli soi (dite a i suoi) di casa che li prego a darsi pace.... loro che tutto e fo[r]tuna così vi prego e vi pregiamo (preghiamo) in sieme (insieme) col mio compagnio di mandare la risposta in sieme comme già voi ne avette scritto a noi che noi siamo contentti ma ne dispiacie a viaggiare col caricho che abiamo che averemo un fangotto (fagotto, zaino) di 3 pesi [3] e il focille (fucile) che sarà un peso ma statte a legri che speriamo che prima che sia fenitto lanno (finito l'anno) di vedersi (vederci) e altro non vi dicho sollo di dare un caro baccio alli miei frattelli e sor[el]le e con darvi un caro bacci (bacio) e vi salutto con tutto il core statte a legri e pregatte Dio per noi a dio (addio) sonno (sono)

vostro aff[ezionatissimo] figlio Giovanni Funtana



 

Frontespizio della lettera indirizzata al padre da Antonio Brizolari di Cerisola (Archivio comunale di 
Santo Stefano d'Aveto)

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Note

[1] Cerisola, ora nel territorio del Comune di Rezzoaglio, nell'anno 1813 si trovava nell'arrondissemant (comune) di Santo Stefano d'Aveto

[2] Maiansa: potrebbe essere Maenz o Magonza

[3] Il Peso era un'unità di misura in voga nel genovesato; equivaleva a 5 cantara. Dovrebbe corrispondere a circa 950 grammi. Dal Vocabolario Genovese - Italiano di Giovanni Casaccia, Genova 1851, estrapoliamo alcune pagine:

pag. 383 - Peizo s.m. Peso, Sorta di peso genovese, che equivale a cinque cantara
pag. 81 - Cantà s.m. Cantàro; Peso di libbre 150. Usasi ancora per lo Str[umento] stesso, con cui si pesano diverse cose sostenendole, benché gravissime, col peso d'un picciol contrappeso, il quale volgarm, si chiama Romano
pag. 272 - Lïa s.f. Libbra; Un peso comune di dodici once

 


 

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Pagina pubblicata il 17 maggio 2007, letta 9512 volte
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