Valdaveto.net > Poesia > José María Eguren (1874 - 1942)
Un tema ricorrente, nella poetica di Eguren, è quello della fanciulla.
I tratti di un evento traumatico si percepiscono nel morso di un rettile che porterà via, ineluttabile, la vita di una bimba in "Antigua".
"La muerta de marfil" non è altro, probabilmente, che l'indelebile ricordo di quel feretro. Resterà una
felicità disillusa, recisa, minata da funesti presagi e che segnerà per sempre la personalità
dell'artista; la nostalgia di un passato nel fascino esercitato da quello stesso ignoto rilevato, talora espletato in
un erotismo velato e crepuscolare, prossimo al decadentismo.
Il suo, in ogni caso, sarà un mondo
"preservato", fantastico e fanciullesco, pregno d'ignote presenze e celato dietro incantati segreti,
popolato di personaggi medioevali ed entità mitologiche, di fantasmi e di fate, a rimarcare l'integrità
di un'immaginazione che in lui non verrà mai meno: quella dell'infanzia.
Eguren aveva una vorace, naturale
predisposizione ad assorbire quanto lo circondava: paesaggio, musica, illustrazioni e libri. Era quanto mai
un vigile osservatore, poneva attenzione tanto ad ogni luccichio del paesaggio notturno quanto alla vita
quotidiana.
La sua è un'elegante ed altrettanto profonda introspezione nei labirinti dell'essere, dalla
grande forza evocativa, ingenua ma anche oscura ed irta di simboli, che si dilata tra paesaggi gotici
ed aspre, lugubri rovine.
Sono versi che si snodano attraverso il mondo delle percezioni del sogno
toccando l'inconscio e, per l'epoca, trovano riferimenti con la corrente modernista come pure nella
modernità dell'idea psicoanalitica. Si manifestano attraverso visioni offuscate, dell'incubo o
dell'allucinazione, in uno spazio inspiegabile ed immaginario dove si proiettano, alternandosi, le sue
figure interiori.
L'autore è sensibile all'incantesimo, all'ispirazione sollevata da amori lontani,
perduti e dai significati sfuggenti ma che rasentano anche i limiti dell'inespresso, come negli spazi
tratteggiati in modo indecifrabile, quasi inesorabile, attraverso i versi de "El caballo" e de "Los
muertos", dove il verso si fa più scarno ed incisivo, prossimo al Novecento e le sue tematiche.
La sua figura è, per un certo verso, proiettata verso le avanguardie e lo è con soluzioni originali,
conservandosi autentico nel suo sentire in relazione ad un gusto molto raffinato, dove permane, più
radicata, la struttura di un recente passato culturale, soprattutto europeo. Questo, oggigiorno, fa
di lui un caso a sé, al di fuori di certi schemi letterari, collocabile tra le più valide voci del
simbolismo ispanico ed anche quale esempio d'espressione lirica che, per i tempi, seppe adeguatamente
aprirsi verso quanto di nuovo accadeva nel suo paese.
Del resto Mariátegui, che incontrerà l'artista
valorizzandolo nel '29, dette molto spazio alle avanguardie letterarie del periodo sulla rivista Amauta,
aprendo al surrealismo con la pubblicazione di testi di Breton e del connazionale Xavier Abril. Eguren
interverrà nel '30, poco più tardi, tra quelle stesse pagine con un saggio in cui menziona Nadja,
profilo di un personaggio di Breton, sopra il quale tornerà ad esprimersi attraverso La Revista Semanal
nel '31.
Al di là di simboli, realtà e scrittura dell'inconscio, l'autore percepisce la poesia alla stessa
stregua del trasporto che gli suscita la musica; vive dentro la trama sonora, del verso come della nota,
lambendo, in una continua ricerca, una rivelazione dell'oltre, di universi sconosciuti e paralleli,
impercettibili a livello razionale e prossimi ad una verità che resterà impenetrabile."Una poesia
segreta, perché s'impegna nel rilevare una forma occulta, un mondo che, quando più si manifesta e
rileva nel verbo, si cela richiudendosi nel suo segreto" ("Una póesia secreta, porque se empeña en
relevar un modo oculto, un mundo que cuando más se manifesta y se releva en el verbo, más se oculta y
cierra su secreto") commenta Americo Ferrari al riguardo di Eguren, poeta che potremmo altrimenti definire
come un "artista dello spirito", inteso come intento a contemplarlo e rilevarlo nel suo aspetto più criptico
piuttosto che a trascenderlo.
La esigua ma consistente produzione di Eguren è concentrata in due raccolte: Simbólicas (La Revista, Lima,
1911) e La canción de las figuras (La Penitenziaria, Lima, 1916).
La prima, in un'edizione riveduta
del '13, contiene una dedica a Marinetti, padre del futurismo. Attraverso la figura di Mariátegui e
la rivista Amauta pubblicherà poi, nel '29, Poesias, un'antologica delle precedenti contenente due
ulteriori raccolte inedite: Sombra e Rondineals. Estuardo Nuñez, dopo la sua morte, pubblicò Motivos,
nel '59, dove si raccolgono saggi e prose, per lo più articoli su arte e natura apparsi in giornali e
riviste.
Sono scritti ricchi di lirismo e spiccato senso di osservazione, che si recepiscono, come nel
caso di "Cervantes", originariamente uscito su "La Prensa" del '31, alla stessa stregua di vere e proprie
prose poetiche. Ancora Nuñez curerà, successivamente, Poesias completas nel '61 e poi Poesias completas
y prosas selectas nel '70.
Tra le altre stampe susseguitesi, si segnala Antologia poetica, a cura di
Americo Ferrari del '72 e Obras completas del '74. Di più recente, e probabilmente più reperibile,
esiste un'edizione spagnola del '92, antologia poetica da Simbólicas a Rondineals della Visor-Libros
ed una ristampa argentina di Motivos, del '98, per la Leviatán.
In Italia, oltre ad alcune pubblicazioni
su riviste, si segnala la presenza dell'autore nell'antologica Poeti Ispanoamericani del '900 della
Bompiani ('87) e la produzione di Simboliche, del '91, a cura di Roberto Paoli, per conto della Marietti
edizioni, contenente estrapolazioni dalle quattro raccolte (Simbólicas, La canción de las figuras, Sombra
e Rondineals).
D'aspetto magro ed introverso, trascorse un'esistenza priva di viaggi e rilevanti spostamenti, incluso
all'interno del paese. La sua poesia, tuttavia, lo condurrà sempre in un'interminabile ed assidua ricerca
dell'altrove, ricca della visione onirica e di meticolosa attenzione.
Nacque a Lima, l'8 luglio del 1872,
dove visse tutta l'infanzia e buona parte dell'adolescenza nella tenuta famigliare di "Chuquitanta".
Cresciuto nel mezzo di crisi economiche, che gli impediranno di terminare gli studi superiori, completerà
la sua formazione primaria presso i gesuiti. Successivamente, come autodidatta, ebbe a disposizione buone
letture ed abbondante musica.
Restano, tra i suoi scritti, sedimenti sia del romanticismo tedesco che dei
simbolisti francesi. Da quanto tramandato, sembra che ci siano anche autori italiani tra i suoi libri e
relativi gusti, come nel caso di D'Annunzio.
A partire dal 1900, si trasferì a Barranco, località in
prossimità del mare e sempre a pochi chilometri da Lima, dove iniziò a coltivare la sua attività artistica
che si estendeva alla fotografia e la pittura con acquarelli, dimorandovi per quasi tutta la vita.
Il poeta, cultore tanto della bellezza quanto della natura, qui era solito fare brevi escursioni con
Nuñez, studioso e letterato, per riprendere con lui miniature attraverso una speciale camera fotografica
di sua invenzione.
Lavorò anche come professore iniziando a collaborare con diverse riviste; dapprima
su "Contemporáneos", poi, nel '24, con "El Boletín" sino al '29 con l'Amauta ed un primo, più profondo
interessamento alla sua figura tributatogli da Mariátegui.
Nel '30 è riconosciuto membro della "Real
Academia Española de Lengua". Sempre a causa di precarie situazioni economiche, sarà poi costretto,
suo malgrado, ad andare a Lima, dove occuperà un incarico nella biblioteca pubblica. Qui morirà, poco
più tardi, il 16 aprile del 1942.
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Pagina pubblicata il 26 settembre 2007, letta 4341 volte