Ipotesi relativa all'origine del toponimo Genova

di Sandro Sbarbaro
articolo segnalato alla redazione di Valdaveto.net da Antonio Mario Pagliughi e già pubblicato su La Trebbia  link esterno del 9 ottobre 1904, anno II, n° 67

Anche questo paesello, lontano da ogni centro, e fino a ieri dimenticato e privo affatto delle più essenziali comodità della vita sociale, comincia da qualche tempo a dare segni di vita ed a farsi conscio della propria dignità, ed insieme a dare prove solenni che la fede avita non è in esso per nulla ancora spenta.
Il medesimo infatti, grazie alla buona volontà di alcuni benemeriti, si trova ora già fornito di quei primi pochi comodi, che abbelliscono non poco la vita di questi remoti paesi.

Mancava, non è molto, della troppo necessaria scuola elementare, ed era perciò costretto a mandare i propri fanciulli a notevole distanza dalla frazione con grave loro incomodo o pericolo specie nella stagione invernale; il popolo sorse e reclamò un diritto di per se troppo legittimo, e tanto fece ed insisté, che la scuola venne con grande vantaggio della popolazione. Il che risalta ancor più, se si riflette che l'attuale Egregio Insegnante (Antonio Maria Pagliughi 1) è senza dubbio molto benemerito dell'educazione ed istruzione dei fanciulli, specie per l'impegno posto nell'insegnare loro il Catechismo, per cui all'ottimo Insegnante vanno rese pubbliche e ben meritate lodi.

Anche il servizio postale vi era assai lento e pieno di inconvenienti; mancava la cassetta postale ed un procaccio fisso e regolare, si che le corrispondenze giungevano sempre in ritardo, se pure giungevano. Ora invece grazie all'agitarsi ed all'insistente reclamare, venne la cassetta postale, si fissò il procaccio giornaliero con servizio pronto e regolare, per cui tutte le sere si hanno le corrispondenze da Genova del medesimo giorno.

Ci mancava poi la rivendita del sale e tabacco, e si doveva perciò correre per più di mezz'ora per strade erte e scoscese a comperare il sale, con quale incomodo lo si immagini. Questo disagio lo si doveva togliere; lo si volle, e tanto si operò, che, non ostante alcune contrarietà, lo si ottenne.
E questo pure è un gran vantaggio per questa popolazione, e fa onore a quei benemeriti, che tanto s'interessano della medesima.
Ma ciò che maggiormente illustra questa popolazione vicosopranese è un fatto più degno di nota. Essa da qualche tempo rinnovò con inaudito slancio un'idea, sempre per lo addietro accarezzata, quella cioè di creare il proprio paese a sede di una Parrocchia.

 

Mille difficoltà inciampavano tale dissegno; da una parte una popolazione assai povera e stentata, dall'altra una grossa somma di danaro per costituire la dote del nuovo Beneficio. Non importa; la si vuole addirittura, ed ecco che in pochi mesi si riesce dietro incredibili sacrificii, a raccogliere la somma necessaria. E non è tutto qui quello che merita di essere notato. Bisogna provvedere alla riattazione completa della casa parrocchiale ed alla ristorazione della Chiesa e del Campanile... Ebbene, la popolazione in massa, si mette con instancabile lena a lavorare, anche lasciando da parte i lavori privati ed urgenti della campagna, ed in poco tempo prepara calce, sabbia e tutto il necessario per fare i predetti lavori, che in parte ha già compiuti.
Io non intendo già di star qui a discutere sull'importanza e necessità della cosa, affare non di mia competenza, e, d'altronde, di tale delicatezza da non dovere aver luogo sulle colonne di un giornale; ma ammirando semplicemente il fatto in se stesso, sono costretto a dire che in tempi in cui lo spirito di fede và sempre più affievolendosi, davanti al dilagare di tanto indifferentismo e cinismo, in fatto di religione, trovare un popolo che tanto fa per vantaggio tutto spirituale, è un fatto davvero straordinario, e non può non destare l'ammirazione di chi serenamente vi rifletta.

Ed io pure ti ammiro, o popolo generoso fino al sacrificio. Continua pure a serbare nel tuo nobile cuore simili sentimenti di fede viva e di buona volontà, di cui tali fatti sono la prova più solenne; il buon Dio te ne sarà largo rimuneratore.
Onore al merito.

 


 

Note

[1] Il maestro citato nel pezzo era il nonno di Antonio Mario Pagliughi.

 


 

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Pagina pubblicata il 9 ottobre 2009 (ultima modifica: 29.06.2014), letta 4484 volte
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