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Tra leggenda e realtà: la storia di Michelin

Racconto tratto dalla tradizione orale di Casoni di Fontanigorda

di Guido Ferretti

Michelin, primo di quattro fratelli, era nato sulla fine del 1700 da una famiglia benestante del paese.
Era un uomo forte, scaltro, orgoglioso e nello stesso tempo generoso, ma fortemente irascibile.
Un giorno capitò ch'egli venisse a diverbio con Piero Pertüsu, un vecchio confinante di un suo podere, per futili motivi relativi al limite di proprietà.
Volarono parole pesanti, dalle ingiurie si passò ai fatti.
Ne seguì una colluttazione fra i due durante la quale Michelin, senza volerlo, colpì con un bastone un bambino che si trovava con l'anziano Piero.
Il piccolo cadde ucciso.


Il fatto destò grande sdegno e sgomento tra la popolazione.
Michelin involontariamente si era macchiato di un grave reato.
Egli non aveva fiducia nella giustizia dei tribunali e poi non avrebbe mai accettato lo stato di segregazione.
Scelse la latitanza.
Per molti anni, braccato dai Reali Carabinieri, cercò nascondiglio sui monti, in mezzo alle faggete millenarie, riparandosi negli anfratti rocciosi della montagna, sfidando i rigori dell'inverno.
Durante la notte andava in cerca di cibo.
Ancora oggi un piccolo castagneto, posto fra i più elevati, porta il suo nome (G'érberi de Michelin).

Fu così che per lunghi anni Michelin riuscì, con grande astuzia e determinazione, a sottrarsi alla cattura tanto da diventare leggendario.
Poi, ad Ottone, arrivò un comandante dei Regi Carabinieri che prese il caso come una sfida personale.
La ricerca diventò implacabile, ma fu senza esito.

Durante un autunno avanzato, quando le piante sono brulle e la caccia all'uomo diventa più facile, Michelin non si sentì più sicuro nella sua zona e decise di spostarsi oltre l'Aveto, più vicino al Parmense, per avere maggiori possibilità in caso di eventuale fuga.
Capitò che in quei giorni, dopo abbondanti piogge, i torrenti fossero in piena: in tali casi l'unico ponte sull'Aveto che rimaneva sicuro era quello di Brignole, mentre tutte le piccole passerelle venivano, generalmente, travolte dalle acque.
Michelin all'alba tentò questo passaggio ma, forse tradito da una soffiata, cadde nella trappola.
Quando fu giunto a metà del ponte scattò l'agguato: sulle opposte rive comparvero i Carabinieri guidati dal comandante di Ottone che lo bloccarono.

Michelin si sentì perso, non esistevano più vie di fuga, neanche per uno come lui.
Il comandante si avvicinò per apporgli i ferri ed ebbe la infelice idea di manifestare la sua beffarda esultanza, dicendo:

Che bella lepre abbiamo preso questa mattina!

Michelin, anche se rassegnato ad accettare la sconfitta, non ammetteva d'essere così umiliato dall'alterigia dell'avversario.
Si eresse orgogliosamente sulla sua possente statura, si batté fortemente la mano sul petto e gridò:

Ma non di questo pelo!

Poi con scatto fulmineo scavalcò la protezione del ponte e si gettò nei vortici del fiume in piena; venne inghiottito dalle torbide acque, riemerse più a valle già lontano e, nuotando disperatamente nell'impetuosa corrente, scomparve dietro un'ansa circondata da giunchi.
I Carabinieri tempestivamente lo cercarono lungo le due rive, ma lui era scomparso.

Michelin non fu mai più trovato né vivo né morto.
Qualcuno in seguito raccontò di averlo visto nel Parmense, ma la notizia non ebbe credito.
Da quel giorno egli diventò leggenda raccontata in paese durante le lunghe veglie invernali al chiarore della fiamma del focolare.

 


 

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Pagina pubblicata il 3 febbraio 2006 (ultima modifica: 05.07.2014), letta 6480 volte
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