Valdaveto.net > Personaggi > Ascoltando Tugnin seduti sul suo giaciglio di sasso al fresco del carpino bianco
di Luigi Scalbi
fotografie messe a disposizione da Luigi Scalbi
- Ferretti Antonio, Tugnin dee Carpeneie, nato a Canale il 5 novembre 1898
- il nonno Antonio nato nel 1827 a Canale
- il bisnonno Michele, il trisavolo Andrea
- Andrea viveva a Canale già a fine '700
La famiglia Ferretti possedeva molta terra e molte mucche che, allora, consentivano un buon tenore di vita. Invece il nonno Antonio si recava a lavorare a Vigevano dove si apprestava il terreno per le risaie; venivan spianate, a pala e picco, le basse colline per 20 centesimi; il nonno fungeva da caposquadra.
Si andava a piedi per un itinerario che passava da Cassingheno, Fascia, la Val Staffora.
Altri si recavano in Corsica e in Svizzera sempre per lavori stagionali.
Altri ancora nelle miniere e si fermavano più a lungo.
Per recarsi in Corsica raggiungevano l'Isola della Maddalena e da lì attraversavano le Bocche di Bonifacio.
Mio zio paterno alla Maddalena contrasse la malaria ed anche il tifo.
Altri si recavano nella Maremma di Grosseto per lavorare alla bonifica di quelle terre.
Vi si recavano a piedi.
Si narra di una donna delle Borsine (Borzine) che fece il viaggio con in testa la culla del bimbo.
Passavano il Magra con il traghetto che costava un soldo.
Se non avevano soldi si narra che dovessero sciogliere degli indovinelli come ad esempio "Perché la gallina nera fa le uova bianche?"
Dover dire quando si è a metà del fiume.
Il furbo rispondeva: "Quando metà è di qua e metà di là".
Il traghettatore rispondeva a tutti: "Se vi pagassero come me potreste togliervi i denti perché non avreste niente da mangiare".
A quei tempi l'alimentazione consisteva in castagne e patate che restavano di piccolo formato.
I prodotti del latte: burro, formaggio.
Per completare la dieta si allevavano maiali, conigli e galline (specie da uova).
Non tutti avevano le mucche nella stalla: era una economia di sussistenza.
Per il resto ci si accontentava di poco perché non girava denaro, si pagava in natura o con il baratto.
Per acquistare il sale (Monopolio di Stato) ci si recava a Torriglia: si portavano a spalla 8 chili (un rubbio).
Per andare a Genova si passava da Rossi e dalla Galleria di Boasi tagliando così fuori Torriglia (forse dal Portello al Lavagnola?)
Mettere insieme i soldi era un'impresa perché non si vendeva niente, i soldi non circolavano, non si vendeva niente.
Per non comprare gli zolfanelli tenevamo sempre viva la brace.
Accendevamo la pipa con l'acciarino.
Non esistevano strade, solo sentieri che si tenevano percorribili a colpi d'accetta.
In seguito, fatta la strada, si andava con il Landò da Montebruno a Busalla.
Io avevo tredici anni.
Si prendeva il treno per recarsi alla monda del riso.
Anch'egli partecipava.
A quei tempi il bagaglio consisteva in un sacco.
Appena giunti il padrone dava un soldo in acconto perché si potesse vivere.
Intorno ai primi del '900 alcuni si recarono in California a fare i contadini, a impiantare frutteti: pesche, mele, uva.
Non sono più rientrati in Italia.
In seguito, cresciuto, mi recavo a Genova con il carro trasportando legna e carbone di legna, anche patate e uova.
Questo dal 1930 al 1940.
Il viaggio solo all'andata durava dodici ore. Ci mettevo così tre giorni e ne ricavavo cinquanta lire.
Allora nei boschi lavoravano bergamaschi e veneti a costruire le carbonaie e a produrre il carbone di legna.
Canale è di antica formazione.
Si dice che i primi furono i Ferretti venuti da Senigallia 1 a costruire il primo nucleo di case che ancor oggi è denominato Ferretti.
In seguito vennero gli Sciutti da Fontanigorda, poi i Biggi.
Allora il territorio era completamente ricoperto di boschi di castagni.
Giravano i lupi e si narra che una bambina, una notte, ad un Passo fosse portata via da un branco.
In seguito si trovò soltanto un piede calzato.
Da Montebruno partiva una strada per l'Aveto.
Passava dalla Rocca e da Priosa.
A mezza costa c'era una foresteria.
Ammazzavano le persone e sotterravano le teste 2.
La carne la cucinavano per i viandanti in sosta.
Venne la gendarmeria, trovò le teste, rase al suolo la foresteria.
Era gente di Canale.
Un altro Passo per l'Aveto si chiama "del Fanciullo".
Si andava a Alpepiana per battezzarlo.
Morì per il gelo, e diede il nome al Passo.
Belnome in Val Borecca si chiamava Merda.
Venne in visita al paese il Vescovo e chiese ai bimbi il nome del villaggio.
Alla risposta disse: "Bel nome!".
Così è rimasto!
Ca' du Romano: un tale di qui che lavorava a Roma. Sposata una romana tornò.
Costruì una foresteria per viandanti sull'itinerario che conduce, attraverso la Val Staffora, alla Valle Padana.
Allora tale intinerario era frequentato da continui passaggi di muli da soma.
Con i faggi il "Romano" costruiva i gioghi che vendeva in Lombardia.
Fece i soldi.
Quel tratto era anche transitato a piedi da coloro che si recavano a lavorare in Val Padana.
Le "Tre Croci" che esistono ancora oggi nel tratto fra la Casa del Romano e l'Antola, quasi all'altezza della rampa che sale da Caprile, indicavano che lì perì una famiglia, madre, padre e figlio, stremata dal gelo mentre tornavano a casa dal lavoro a fine stagione.
Pian dei gianè è nominata la casa diroccata di fronte a Canale a mezza montagna sotto lo sterrato che conduce a Pezzato (forse Vezzato, o Vezzà); vivevano lì "persone cattive" dedite alla pastorizia.
Si parla di fine '800.
Il figliastro, bruciò il grano al padre sul campo, cagò nella cappella per spregio.
Emigrato in America fu giustiziato sulla sedia elettrica.
Il tratto di strada ai "Due ponti" fu costruito nel 1870.
Ci lavorò mio nonno; mi disse che tutto Canale prese parte all'opera.
Costruttore: l'impresa Carena.
Un pronipote gestì la costruzione della strada per Fascia finita nel 1968.
Ci si curava da sè con le erbe. Più spesso si moriva.
Il medico veniva da Ottone nei casi più gravi.
I Carabinieri invece erano più presenti.
Ricordo che il padre di mio nonno disertò la chiamata alle armi (si parla del 1860) del Regno di Sardegna.
Visse a lungo in una caverna ai Mezzoni.
Le guardie piantonavano la porta di casa. Pagavano i parenti (non ricordo se in moneta o di persona).
A Gorreto signoreggiava il Principe Centurione.
Soprastante il Palazzo c'era il Castello.
Per accedervi s'abbassava il ponte levatoio.
Il Castello era autosufficiente.
C'era anche una fonderia con un grande maglio che il Principe aveva portato da ......
Il Principe coniava moneta.
Per rifornirci di sale e tabacchi dovevamo recarci a Torriglia.
Per edificare si costruivano due muri a secco paralleli. In mezzo ci si mettevano le scaglie.
A Castagnello (in Val Fontanabuona) ci si recava per acquistare zappe di varia forma.
C'erano fabbri speciali. Ci si andava a piedi per un sentiero in costa fra l'Aveto e il Trebbia a destra di Barbagelata.
A Lorsica c'erano falegnami specialisti.
Ci si andava con le capre e si lasciavano lì per la monta.
L'itinerario: Passo della rocca, Priosa e sopra Favale.
Le terre dove crescono le felci non sono buone.
Rendono la terra magra.
È grassa la terra dove prosperano i lombrichi.
La terra nera è buona.
La rossa no.
I castagni vanno innestati. Ci sono più varietà di frutti.
I "maggioni" (castagne piatte) sono adatte per la farina,
le "petacche" sono tenere e dolci,
le "cerviasche" sono buone arrostite, van bene anche da seccare e bollite,
le "rossarin" si fanno arrosto,
anche le "vallebon".
La pianta delle "cerviasche" ha un tronco avvitato durissimo.
L'innesto si fa in due modi:
- si solleva la pelle di un rametto, un getto si mette sotto (amisello);
- si abbinano due bachetti, si compattano con terra impastata, si legano con erba che resti umida, è meglio la luna di febbraio.
Tra frazioni c'erano dispute.
Una volta a Loco spararono ad un fagiano che ferito cadde alle Carpeneie.
Quelli di Loco (per un sentiero diretto che passa sul Samisasca ed ora ostruito dalle sterpaglie) lo seguirono e lo rivendicavano.
Noi non glielo demmo.
Era caduto sul "nostro" territorio.
I boschi di castagni non ci sono più.
Sono stati distrutti per ricavarne il tannino che serviva per la concia delle pelli.
La fabbrica del tannino era in Via delle Gavette in Valbisagno.
Anche a Fontanarossa non ci sono più castagni, sono stati tutti venduti.
Il castagno non tiene la brace, è cattivo per scaldarsi.
Per ricavare il tannino il tronco si macina, poi si pressa il macinato e si mette in forno: se ne ricavano delle pagnottelle.
I contadini di Fontanarossa si recavano in Francia a fare i terrazzieri.
Quelli di Canale invece in America dove facevano i rumentai (uno zio di Gimmi negli anni '50 tornò per una vacanza, aveva lavorato nel recupero dell'immondizia, impresa Monopolio di Cosa nostra; nella crisi del '29 gli americani l'espropriarono).
Quando mi recavo a Genova con il carretto dormivo sotto il Ponte di Sturla.
Non sono mai andato alla spiaggia.
Mio nonno fabbricava rocche (attrezzi per filare).
Si recava a piedi a Recco per ricavarne un soldo.
Nel 1908 c'è stata una alluvione tutti i ponti sono crollati meno quello della Doria.
Non c'erano allora boschi misti cedui.
Solo boschi di castagni.
Le capre distruggevano il sottobosco così provocavano le frane.
Alla Priosa c'è la "Madonna della Neve", che è della Parrocchia di Canale.
Mentre a Canale c'è la stutua della "Madonna delle Grazie" della Parrocchia di Priosa.
Questò perché i trasportatori di allora si resero conto di aver scambiato per distrazione le statue ordinate dallo stesso scultore.
Solo quando erano già in mezzo al guado del Trebbia sullo sterrato che portava a Canale.
Troppa fatica e costi alti portarli alle giuste destinazioni.
Si rinunciò in buona pace.
All'improvviso...... "Tanto studiare poi a cosa serve?"
Scuote la testa...... "Mah!"
Girava per i campi una serpe lunga due metri e dieci centimetri.
Lo sapevamo perché avevamo rinvenuto una muta ancora integra e l'avevamo misurata.
Quando l'uccidemmo aveva in bocca un rospo ancora vivo che fuggì saltellando.
Una corriera di mondine che tornavano a fine stagione finì nel Trebbia a Brunello (forse voleva dire Brugnello)... vedi?
Morirono tutte. Non ricordo l'anno.
La Festa alla piana ha origine ai tempi dell'emigrazione stagionale in Corsica e in Provenza per erigere terrazze per colture di ortaggi.
Al ritorno ciascuno versava una quota (5 cent) per comprare farina, mais, formaggio e vino: tutto il paese partecipava.
Note (a cura di Sandro Sbarbaro)
[1] La tesi che i Ferretti di Canale venissero da Senigallia, nelle Marche, venne sostenuta da Maria Ferretti in "Trebbia silenziosa valle", Genova, 1962. Probabilmente Tugnin aveva recepito ciò che la studiosa aveva sostenuto nel libro. Allo stato attuale, in base alla documentazione conosciuta, si ha qualche dubbio riguardo a tale tesi.
[2] Il fatto che le "foresterie" (una sorta di dogane, poste al confine dei vari stati, con stazione di posta e annessa osteria) intorno ai secoli XVI - XVII siano state al centro di fatti delittuosi, venne tramandato come memoria orale in diversi villaggi della Val d'Aveto e della Val Fontanabuona oltre che della Val Trebbia. Famosa è la casa dogana della Ca' Bruscià (al confine fra Val d'Aveto e Val Fontanabuona), la quale risultò al centro di un fatto simile a quello raccontato dal Tugnin Ferretti.
Links
Pagina pubblicata il 18 aprile 2008
(ultima modifica: 21.04.2008), letta 9665 volte
Per esprimere un commento su questo articolo si prega di contattare la redazione via e-mail