Valdaveto.net > Emigrazione > Le sequoia di Allegrezze: ricordi e tracce di emigranti tornati dall'America
di Sandro Sbarbaro
fotografie di Sandro Sbarbaro e Giacomo Aldo Turco
Già nel 1197 al giuramento di Varzi viene citato un Lanfrancus de Alegreza.
Più oltre nel 1287 viene citata nel cartario del Monastero di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia la cappella di Santa Maria di Allegrezze.
Nel 1299 Santa Maria d'Allegrezze è citata con Alpicella come ecclesia (chiesa), rettore e ministro è
Rolandino de Campolimenoso - Campomenoso.
Fino circa alla metà del 1500 Santa Maria d'Allegrezze dipende da San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia.
Nel 1599 in occasione della visita pastorale del vescovo di Tortona Maffeo Gambara, Santa Maria
d'Allegrezze risulta incardinata alla pieve d'Ottone, in Val Trebbia. La chiesa di Santa Maria
d'Allegrezze, di probabile antica fondazione, si presenta come una delle più belle chiese della
Val d'Aveto. Interessanti sono le colonne in pietra nera screziata che sorreggono gli archi a tutto
sesto delle volte, ed un Battesimo di Cristo, forse cinquecentesco, affrescato sul muro presso la
vasca battesimale.
Presso Allegrezze è il Castelluzzo di Caselle, struttura difensiva e di controllo, risalente forse al
tardo medioevo, posta sopra l'abitato di Caselle del quale prende il nome, e a vista col Castello di
Santo Stefano d'Aveto. Nello Scrutinio della rendita del marchesato di Santo Steffano di Val d'Avanto
del 1549 si evince che La Villa ha 13 fuochi, mentre Caselle ed Allegrezze insieme facevano solo
cinque fuochi, circa venticinque persone.
Nel 1579 fece molto rumore il fatto citato come Il miracolo fatto in Nostra Signora d'Allegrezze. Certa Susanna Volpe di La Villa, fu al centro di un processo svolto a suo carico, perché sosteneva di aver parlato con la Madonna.
L'importanza d'Allegrezze, nei tempi andati, si deve al fatto che fosse posta su un nodo stradale che raccordava alcune delle strade che dai passi posti fra il Tomarlo e l'Aiona, si dirigevano verso Rezzoaglio o Alpepiana, quindi in Val Trebbia. Inoltre, era posta sulla strada che conduceva a Santo Stefano d'Aveto.
Nel secolo scorso Allegrezze fu al centro delle cronache per la famosa "Battaglia d'Allegrezze".
Il 27 agosto del 1944 una lunga colonna di truppe nazi-fascisti penetrate in Val d'Aveto da più direzioni per
compiere un rastrellamento in grande stile, fu attaccata dai partigiani poco oltre Allegrezze sulla
strada per Santo Stefano d'Aveto.
Il bilancio della battaglia fu di 5 morti e 37 feriti fra i nazi-fascisti e un morto fra i partigiani (Berto, al secolo Silvio Solimano).
Due giorni dopo, il 29 agosto, il maggiore Cadelo, comandante del contingente nazi-fascista, per rappresaglia fece bruciare il paese d'Allegrezze. Furono risparmiate la chiesa, la canonica e la scuola.
La Val d'Aveto, verso la seconda metà dell'ottocento, subì un forte processo migratorio verso l'America del
nord, in specie gli Stati Uniti d'America. Già prima dell'unità d'Italia, avvenuta nel 1861, lo
Stato Sabaudo, a causa di un forte incremento demografico, non riuscì a garantire ai suoi
sudditi condizioni di vita dignitose.
Larghe fasce delle popolazioni delle campagne, dove le condizioni di vita erano veramente difficili, si trovarono costrette a cercar fortuna oltre Atlantico.
Favorito in un primo tempo da intermediari che battevano le campagne raccontando dell'Eldorado America,
nel Mandamento di Santo Stefano d'Aveto si assistette ad un forte flusso migratorio verso New York e verso la California.
La nostra gente faceva ogni genere di mestiere.
All'inizio vi fu chi si dedicò anche all'accattonaggio. I vecchi raccontavano di famiglie che chiedevano l'elemosina agli angoli delle strade, le donne con un figlio piccolo in braccio, facendo leva sul buon cuore dei passanti.
I più fortunati s'inventarono il mestiere di musicanti di strada con tanto d'organetto e scimmia al
seguito (vedasi Brevi storie di emigranti > L'arte di arrangiarsi).
Intanto, gli uomini validi andavano giornalmente ai docks del porto di New York, per vedere se
gli riusciva a sbarcare il lunario lavorando come giornalieri allo scarico delle merci.
Col tempo chi aveva voglia di lavorare duramente acquisiva un impiego. Quindi, stabilitosi, chiamava dal
paese i parenti che, trovato a loro volta un lavoro, richiamavano altri membri della parentela.
Gli avetani si distinsero lavorando in fabbriche di cioccolata, in fabbriche di fiori, in negozi
d'importazione di merci italiane e come spazzini.
La piccola comunità avetana di New York intanto si allargava e così si sentì il bisogno di creare un
luogo ove potersi riunire. Nel 1886 a New York nacque la Società di Mutuo Soccorso Comune e Mandamento
di Santo Stefano d'Aveto.
G. Fontana, in Rezzoaglio e Val d'Aveto, cenni storici ed episodi, Rapallo 1940,
sostiene che alcuni rezzoagliesi sempre nel 1886 fondarono la Società Avetana di New York, attiva ancora
nel 1940. L'originaria Società di Mutuo Soccorso Comune e Mandamento di Santo Stefano d'Aveto, probabilmente,
si trasformò in Santo Stefano d'Aveto Society [nota: vedasi il documento La Santo Stefano d'Aveto Society, anno 1930]. Vi aderirono principalmente emigranti provenienti
dal circondario di Santo Stefano d'Aveto e dintorni, o chi aveva sposato un membro avetano. La società
operava ancora a New York intorno al 1930.
Non tutti gli emigranti si adattarono al clima della Nuova Frontiera, alcuni tornarono al paese d'origine, chi per nostalgia, chi sconfitto dalle dure leggi della società Americana, chepermetteva la sopravivenza soltanto ai più tenaci e laboriosi e ai più forti.
Dai paesi d'Alpicella, Casafredda, La Villa, Caselle e Allegrezze, nella seconda metà del XIX secolo si assistette ad un forte flusso migratorio verso l'America, in particolare verso New York, ove già alcuni
avetani risiedevano.
Vi emigrò pure Lazzaro Zanaboni, fu Agostino e fu Angela Brizzolara, nato a Casafredda il 6 gennaio 1842.
Lazzaro si sposò con Angela Fugazzi e in America nacquero i suoi figli: Zanaboni Maria nacque a New York il 20 ottobre 1859, Zanaboni Adelaide Maria nacque a New York il 12 aprile 1872, Zanaboni Maria Rosa, nacque a New York il 12 settembre 1874, Zanaboni Giovanni Agostino Antonio nacque a New York il 30 agosto 1876.
La moglie di Lazzaro, Angela Fugazzi, morì in America.
In America emigrò anche la sorella di Lazzaro, Zanaboni Maddalena nata a Casafredda nel 1846: si sposò in America.
Il fratello di Lazzaro, Zanaboni Costantino nato a Casafredda nel luglio
1845, sposò Ginocchio Giulia fu Giuseppe e Basso Maria, nata a La Villa il 22 maggio 1859.
I primi due figli della coppia nacquero in Italia: Zanaboni Agostino nacque a Casafredda il 30 gennaio 1881 e morì
in quell'anno, Zanaboni Giò Giuseppe Tomaso nacque a Casafredda il 19 dicembre 1885.
Costantino Zanaboni in America raggiunse il fratello Lazzaro. In seguito chiamò a New York anche la moglie Giulia.
Il loro terzogenito, Zanaboni Agostino Giuseppe, nacque a New York il 16 marzo 1882.
Con sentenza dell'anno 1902 Costantino Zaraboni modificò il suo cognome in Zaraboldi.
Agostino Zaraboldi, alias Zanaboni, al ritorno dall'America, secondo la tradizione, portò ad Allegrezze due piccole pianticelle di sequoia.
Agostino Zaraboldi si sposò con Monteverde Paola Maria Caterina fu Gio Batta e Fontana Luigia, nata a La Villa il 25 dicembre 1886.
Agostino, così come suo fratello Giuseppe, si trasferì dal paese di Casafredda a La Villa dove nacquero i suoi figli.
Agostino si dedicò in paese all'arte del falegname.
La tomba di famiglia di Agostino Zaraboldi, la sequoia più piccola è sullo sfondo
Le sequoie portate da Agostino furono piantate a mo' di cipressi ai lati delle porte del cimitero
d'Allegrezze, ove vegliano il sonno dei contadini avetani, che fecero grande questo lembo di terra
posta alle soglie del cielo.
Le sequoie sono alte circa trentatre metri.
Quella a sinistra del cimitero, poco distante dalla tomba di famiglia di Agostino Zaraboldi, ha alla base
una circonferenza di circa 4,70 metri.
La sequoia a destra è alla base circa 6,40 metri di circonferenza ed è stata posta sotto tutela dalla
Regione Liguria e dal Corpo Forestale dello Stato.
Ogni tanto il vento che accarezza le fronde delle monumentali sequoie, porterà messaggi alle loro sorelle rimaste in terra d'America?
Bibliografia essenziale
- M. Tosi, "Orandum, laborandum, legendum" nel segno di Colombano: da San Pietro in Ciel d'Oro alla pieve di Alpepiana, in "Archivum Bobiense-Rivista degli Archivi storici Bobiensi" N. XVI-XVII (1994 -1995), Piacenza
- G. Micheli, Il Marchesato di Santo Stefano d'Aveto ed il suo passaggio dai Fieschi ai Doria, in "Atti della Società Economica di Chiavari", VI (1928), pagg. dalla 65 alla 80
- D. Calcagno - M. Cavana - S. Sbarbaro, Canto di un patrimonio silente: pietre disposte a suggerir cammino. Itinerari per conoscere la Val d'Aveto, Chiavari 2003
- M. Tosi, La Repubblica di Bobbio, Bobbio 1977
- Leo Aldo Narducci, Santo Stefano d'Aveto, L'Emigrazione nelle Americhe dalla Provincia di Genova, Vol. II, Patron editore, Bologna
- 595 cose da scoprire a Genova e nella sua Provincia, Genova 1997, Italia Nostra - Sagep, scheda 582, Sequoia al cimitero di Allegrezze, pag. 215
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Pagina pubblicata il 27 febbraio 2007
(ultima modifica: 15.05.2009), letta 11473 volte
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